La mediazione nella compravendita immobiliare
Il codice civile non dà una definizione della mediazione, bensì del mediatore qualificandolo come “colui che mette in relazione una o più parti per la conclusione di un affare, senza essere legato ad alcuna di esse da rapporti di collaborazione, di dipendenza o di rappresentanza”.
Per la giurisprudenza la mediazione è un autentico contratto nel quale il consenso delle parti può manifestarsi sia espressamente sia implicitamente con il fatto stesso di accettare l’operato del mediatore nel caso in cui questi abbia autonomamente assunto l’iniziativa di mettere in relazione le parti.
Il mediatore immobiliare per esercitare l’attività, anche in modo discontinuo o occasionale, deve essere iscritto in un apposito registro tenuto dalla Camera di Commercio. Per l’iscrizione occorre, tra l’altro, avere conseguito un diploma di scuola secondaria di secondo grado, avere frequentato un corso di formazione ed avere superato un esame diretto ad accertare l’attitudine e la capacità professionale dell’aspirante in relazione al ramo di mediazione prescelto, oppure avere conseguito il diploma di scuola secondaria di secondo grado ed avere effettuato un periodo di pratica di almeno dodici mesi continuativi con l’obbligo di frequenza di uno specifico corso di formazione professionale.
Obblighi del mediatore
Sono a carico del mediatore due obblighi, quello di adempiere con diligenza l’incarico affidatogli e quello di imparzialità.
In particolare, la comunicazione delle circostanze relative all’affare che è posta a carico del mediatore nei confronti delle parti non è che una ulteriore esplicazione della diligenza cui è tenuto il mediatore nell’esercizio della propria attività.
Tale dovere di informativa non può estendersi ad informazioni o elementi che esulano dalla capacità e dalla possibilità materiale del soggetto.
Infatti, il comma 1 dell’art. 1759 c.c. è esplicito nel delimitare la sfera di diligenza dovuta dal mediatore, prevedendo che questi debba comunicare solo le circostanze “a lui note” relative alla valutazione e alla sicurezza dell’affare e dei futuri contraenti.
Nel dovere di informativa suddetto rientrano le informazioni relative all’esistenza di iscrizioni o trascrizioni pregiudizievoli sul bene oggetto di trattativa.
Compenso del mediatore, proposta di acquisto e preliminare
Con la mediazione nasce a carico delle parti cui era diretta l’attività di mediazione l’obbligo di ricompensare l’attività di quest’ultimo con una prestazione in denaro detta provvigione.
Ai fini del riconoscimento del compenso al mediatore, è necessario che colui che abbia messo in relazione due o più parti per la conclusione di un affare sia regolarmente iscritto nel Registro dei mediatori professionali tenuto dalla Camera di Commercio.
Il mediatore ha diritto alla provvigione sorge, ai sensi dell’art. 1755 c.c. comma 1, quando l’affare è concluso grazie al suo intervento.
La nozione di affare è più ampia rispetto alla nozione di contratto ed include ogni operazione di contenuto economico che si risolva in una utilità di natura patrimoniale.
È necessario per ottenere la provvigione che l’affare sia stato concluso per effetto dell’intervento del mediatore; occorre cioè che sussista un nesso tra l’attività di intermediazione e la conclusione dell’affare c.d. principio del nesso di causalità.
La Suprema Corte di Cassazione ritiene che per la nascita del diritto alla provvigione sia sufficiente che le parti abbiano stipulato un contratto preliminare, anche se non seguito dal contratto definitivo.
Nello specifico, affinché nasca il diritto alla provvigione del mediatore non è sufficiente la sottoscrizione della proposta di acquisto da parte del proponente acquirente ma è necessario che detta proposta venga accettata dal proponente venditore e che di tale accettazione venga a conoscenza l’altra parte.
Ed infatti, il contratto è concluso nel momento in cui chi ha fatto la proposta ha conoscenza dell’accettazione dell’altra parte; derivando, da questo momento, in capo alle parti, precisi obblighi giuridici, primo tra tutti, quello di addivenire al definitivo di acquisto.
Attraverso il principio del nesso di causalità la giurisprudenza risolve anche il problema della c.d. frode al mediatore.
Le parti, infatti, per evitare il pagamento della provvigione potrebbero simulare l’abbandono dell’affare, concludendolo, all’insaputa del mediatore, direttamente tra loro.
Il mediatore in tal caso avrà diritto al compenso, provando che la revoca è intervenuta dopo che la sua attività era stata determinante per la successiva conclusione dell’affare tra le parti.
L’ammontare della provvigione si determina in primis sulla base degli accordi intercorsi tra le parti e il mediatore; in mancanza di tali accordi, tenendo conto degli usi locali risultanti dalle Camere di Commercio (art. 6 comma 2 legge 39/1989 che ha parzialmente modificato l’art. 1755 comma 2 c.c.) o dal giudice secondo equità.
La provvigione è di regola dovuta al mediatore da ciascuna delle parti.
La clausola che pone la provvigione a carico di una sola delle parti è però valida e non comporta di per sé il venir mano della configurazione del rapporto come mediazione.
Se il contratto è sottoposto a condizione sospensiva, il diritto del mediatore alla provvigione sorge nel momento in cui la condizione si verifica.
Diversa è la regola del contratto sottoposto a condizione risolutiva; il tale ipotesi, il mediatore non subisce le conseguenze del verificarsi della condizione, perché il vincolo nasce con la conclusione del contratto e con questo nasce il diritto alla provvigione.
Inoltre, ai sensi dell’art. 2950 c.c., il diritto del mediatore al pagamento della provvigione si prescrive in un anno.
Provvigione per affare concluso da persona diversa
Il diritto del mediatore alla provvigione nasce non solo quando l’affare è concluso dalle parti da lui messe in relazione ma anche quando il compratore sostituisce altri a sé nella stipula del contratto definitivo, sempre che vi sia una relazione tra il soggetto che partecipa alle trattative e quello che acquisisce la proprietà dell’immobile che, quindi, si presenta davanti al notaio.
Nel caso in cui il soggetto intermediato sostituisca altri a sé nella stipula del contratto, resta pur sempre la parte originaria, essendo questa la persona con cui il mediatore ha avuto rapporti, il soggetto tenuto al pagamento della provvigione.
In particolare, le parti originarie poste in relazione dal mediatore pagano la provvigione anche se l’affare è concluso da altri. Secondo la giurisprudenza perché ciò si verifichi è sufficiente che ci sia continuità tra il soggetto che partecipa alle trattative e quello che ne prende il posto in sede di stipula.
Mediazione immobiliare, procacciatore di affari e agenzia immobiliare
La differenza tra la mediazione e il rapporto atipico di procacciamento d’affari consiste nell’imparzialità del mediatore che può pretendere il compenso da entrambi i contraenti del negozio principale, di fronte alla parzialità del procacciatore, il quale riceve l’incarico e può pretendere la provvigione da una sola parte.
Da ciò deriva che al rapporto di procacciamento d’affari non si applica la prescrizione breve di cui all’art. 2950 c.c.; inoltre, nella causa promossa dal procacciatore contro l’incaricante per ottenere la provvigione, ben può essere sentita, quale testimone, l’altra parte del contratto principale, la quale non ha nella causa un interesse che potrebbe legittimare la sua partecipazione in giudizio.
Quanto all’agenzia, l’agente a differenza del mediatore risulta legato al committente da un vincolo stabile e continuativo. Al contrario, caratteristica della mediazione è l’occasionalità e specificità del rapporto che si viene a creare tra le parti e il mediatore.