Lo scioglimento del singolo rapporto sociale per morte o recesso 

Lo scioglimento del singolo rapporto sociale disciplinato dal codice civile si diversifica dallo scioglimento della società.

In particolare, si ha scioglimento del singolo rapporto sociale nel caso di morte o recesso del socio.

Morte del socio 

L’art. 2284 c.c. disciplina gli effetti della morte del socio di società di persone.

In particolare, salvo contraria disposizione del contratto, in caso di morte di uno dei soci, gli altri devono liquidare la quota agli eredi a meno che preferiscano sciogliere la società o continuarla con gli eredi stessi.

In particolare, dall’art. 2284 c.c. emerge il principio di conservazione della società.

Ed infatti, a seguito della morte del socio sorge un diritto di liquidazione a favore degli eredi e quest’ultimi non hanno alcun diritto di entrare in società.

Nello specifico, nonostante il dettato normativo, dovuto alla circostanza che nel ’42 si discuteva sullla soggettività giuridica delle società di persone, oggi è consolidato l’orientamento che ritiene che ad essere tenuta alla liquidazione della quota sia la società.

Una disciplina specifica è dettata nell’ambito delle società in accomandita semplice.

In particolare, la quota del socio accomandante cade in successione e, pertanto, la morte del socio accomandante non determina lo scioglimento del singolo rapporto sociale, a differenza della morte del socio accomandatario.

Tuttavia, i soci possono decidere in luogo della liquidazione della quota agli eredi del socio deceduto, di continuare la società con gli eredi a mezzo della stipula di un atto inter vivos di continuazione della società, ovvero, di sciogliere la società stessa.

A tale scopo, si precisa che la messa in liquidazione della società e la nomina dei liquidatori compete ai soci superstiti e non anche agli eredi, i quali vedono cristallizzato il loro diritto alla liquidazione della quota.

Inoltre, la messa in liquidazione sposta solo il momento del soddisfacimento del loro diritto di credito, il quale verrà soddisfatto a seguito del soddisfacimento dei creditori sociali.

L’art. 2289 c.c. chiarisce che la liquidazione della quota va fatta sulla base di una situazione patrimoniale ad hoc redatta al momento in cui si verifica lo scioglimento.

Indi, ove la società entro sei mesi dallo scioglimento del singolo rapporto sociale non dovesse provvedere a liquidare la quota, agli eredi del socio deceduto non resta che incoare una azione volta al soddisfacimento del proprio diritto di credito, sulla base della situazione patrimoniale suddetta.

L’art. 2284 c.c. fa salva la diversa disposizione prevista nello statuto.

Nello specifico, ci si riferisce alle clausole di consolidazione e di continuazione.

Ed infatti, i soci potrebbero convenire in seno ai patti sociali che, per il caso di morte, gli eredi siano obbligati a continuare la società o che la partecipazione del socio deceduto si consolida a quella dei soci superstiti.

In particolare, si distinguono tra clausole di continuazione facoltative, obbligatorie e automatiche, a seconda che gli eredi abbiano la facoltà di entrare in società, un obbligo o che l’ingresso in società si verifichi automaticamente.

Tuttavia, la giurisprudenza è restia ad ammettere la liceità delle clausole di continuazione automatiche in quanto violerebbero il divieto dei patti successori, ponendo oneri in capo agli eredi con uno strumento diverso dal testamento.

Nell’ambito delle società di capitali, invece, stante l’assenza dell’affectio societatis proprio delle società di persone, la quota cade in successione e gli eredi possono nominare un rappresentante comune che li rappresenti in assemblea.

Recesso del socio 

Il recesso è un atto unilaterale recettizio, mediante il quale il socio manifesta la volontà di ritirarsi dal rapporto societario.

Il recesso nelle società di persone può essere posto in essere per giustificati motivi o ad nutum; ciò solo ove la società sia contratta a tempo indeterminato.

Il recesso per giustificati motivi produce effetto al momento della ricezione mentre il recesso ad nutum produce effetto decorsi tre mesi dalla notifica.

Anche nell’ipotesi di recesso, la società dovrà provvedere, entro sei mesi, a liquidare la quota del socio receduto sulla base della situazione patrimoniale redatta a norma dell’art. 2289 c.c.

Ove la società non adempia nel termine suddetto, il socio receduto, al fine di soddisfare il proprio diritto di credito, dovrà proporre una apposita azione.

Nell’ambito delle società di capitali, invece, il recesso è appositamente disciplinato dall’art. 2473 c.c. per la società a responsabilità limitata e dall’art. 2437 c.c. per la società per azioni.

In particolare, il socio di società a responsabilità limitata ha diritto ad ottenere il rimborso della partecipazione in proporzione al patrimonio sociale.

Invece, nell’ambito delle società per azioni, il valore di liquidazione delle azioni va determinato preventivamente alla delibera che ne costituisce presupposto e deve rimanere depositato nei 15 giorni precedenti, presso la sede sociale, affinché i soci possano prenderne visione. 

Al fine di stabilire il diritto del socio receduto a partecipare all’assemblea, assume particolare importanza il momento in cui il recesso ha efficacia.

Secondo la teoria istituzionale lo scioglimento si verificherebbe al momento della liquidazione; indi il socio receduto avrebbe diritto di intervento e di voto, sino a quando non vi è la liquidazione della partecipazione. 

Per la teoria maggioritaria contrattuale, invece, il recesso è un atto unilaterale recettizio e gli effetti si producono nel momento in cui la società ne viene a conoscenza, a prescindere da quando si ha la liquidazione della partecipazione; pertanto, il socio receduto non avrebbe diritto di intervento e di voto. 

In definitiva, a seguito dello scioglimento del singolo rapporto sociale derivante da morte del socio o recesso, gli eredi o il socio receduto vantano un diritto di credito nei confronti della società, a titolo di liquidazione quota, ed è fatta salva la possibilità che, il contratto sociale o lo statuto prevedano apposite clausole come, a titolo esemplificativo, quelle di continuazione, di consolidazione o di gradimento. 

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