L’accettazione beneficiata di eredità in rapporto ai debiti tributari
Come può agire il chiamato all’eredità in presenza di debiti lasciati dal defunto? Può decidere di rinunciare all’eredità o usufruire dell’accettazione beneficiata.
Al momento dell’avvio della successione la divisione tra gli eredi non include solo l’attivo dell’asse ereditario ma anche tutte le passività, quindi i debiti lasciati dal defunto:
- privati, come spese condominiali, fatture scadute;
- pubblici e tributari, come le imposte sulla casa, l’Irpef, le cartelle esattoriali.
Alcuni debiti si estinguono automaticamente al momento della morte del de cuius (ad es.: insolvenze prescritte, multe, sanzioni penali e fiscali, debiti di gioco), mentre altri rientrano nei debiti ereditari che si trasferiscono sugli eredi, anche se in maniera differente, a seconda che la scelta di accettazione dell’eredità sia “pura e semplice” o con beneficio d’inventario.
Solamente i chiamati all’eredità che abbiano deciso di rinunciarvi, sia nell’attivo che nel passivo, sono logicamente esenti dai debiti.
Di fatto la modalità di accettazione che tutela maggiormente l’erede è quella con beneficio d’inventario.
Cos’è l’accettazione beneficiata dell’eredità?
L’accettazione beneficiata dell’eredità è quell’istituto giuridico che consente agli eredi di accettare l’eredità, ma circoscrivendo la propria responsabilità patrimoniale nei confronti dei debiti del defunto, compresi i debiti tributari.
Questa modalità di accettazione permette al chiamato all’eredità di poter tenere distinto il suo patrimonio personale da quello del defunto (art.490 c.c.): questo significa che l’erede non sarà tenuto a rispondere dei debiti lasciati dal de cuius oltre il valore dei beni ereditati.
Con la dichiarazione di accettazione «con beneficio di inventario» (art.484 c.c.) si esprime la volontà del chiamato all’eredità di accettarla, ma, di evitare, a sua tutela, che la presenza nell’asse ereditario di passività maggiori rispetto alle attività, possa andare a compromettere e intaccare il proprio patrimonio personale.
Pertanto, se i debiti del defunto superano il valore dell’eredità, gli eredi non sono tenuti a risponderne con i propri beni.
Termini per la dichiarazione di accettazione beneficiata
Per avvalersi di questo beneficio, il chiamato all’eredità deve esibire una dichiarazione formale di accettazione beneficiata, con presentazione – precedente alla stessa o successiva – del relativo inventario, seguendo termini e modalità differenti, a seconda che sia in possesso dei beni ereditari o meno.
Chiamato all’eredità con possesso beni ereditari
La dichiarazione deve essere fatta entro 3 mesi a far data dall’apertura della successione (art.485 c.c.), con possibilità di proroga, per non perderne il beneficio, qualora l’erede non riesca a adempiere entro il termine previsto.
Trascorso il tempo, inclusa l’eventuale proroga, in cui non sia stato fatto alcun inventario, l’erede perde il beneficio, configurandosi così un diverso tipo di accettazione, quella “pura e semplice”.
Essa prevede che l’erede si troverà a dover pagare i debiti ereditari anche con il suo patrimonio se il valore di quello dell’asse ereditario non sia abbastanza per coprire tutte le passività.
Una volta predisposto l’inventario, il chiamato all’eredità avrà tempo 40 giorni per decidere se accettare l’eredità con dichiarazione di beneficio di inventario o rinunciarvi.
Scaduto il termine senza presentare la dichiarazione beneficiata, il chiamato all’eredità sarà considerato come erede “puro e semplice”.
Chiamato all’eredità senza possesso beni ereditari
Il chiamato all’eredità se non è in possesso dei beni ereditari, ha disposizione un tempo decisamente superiore per decidere se accettare l’eredità: il tempo si prescrive nei 10 anni (art.487 c.c.).
Ugualmente però, una volta fatta la dichiarazione, l’erede deve provvedere a redigere l’inventario entro tre mesi (con possibilità di proroga); diversamente sarà qualificato come erede “puro e semplice”.
Allo stesso tempo, qualora l’erede predisponga l’inventario prima della dichiarazione, avrà a disposizione 40 giorni per poter fare la dichiarazione di beneficio d’inventario.
Scaduti i termini senza la presentazione della dichiarazione, l’erede perderà il diritto di accettazione in questa modalità, con conseguente passaggio a quella “pura e semplice”.
Di fatto l’inventario ha un ruolo essenziale ai fini della dichiarazione di accettazione beneficiata, in quanto accerta la reale consistenza della situazione economica e patrimoniale del de cuius al momento della morte, nei beni immobili, mobili e finanziari, quindi anche nell’ammontare dei relativi debiti ereditari (inclusi quelli tributari).
L’inventario è redatto dal cancelliere del tribunale del luogo di decesso del defunto, o, su richiesta delle parti, dal notaio.
Effetti dall’accettazione beneficiata
Il beneficio d’inventario di fatto, come menzionato, è un atto giuridico che ha il primario effetto di tenere separati il patrimonio del defunto da quello dell’erede e di limitare la sua responsabilità di fronte a debiti ereditari, oltre a prevenire eventuali azioni esecutive dei creditori del defunto a danno dell’erede.
Un altro effetto dell’accettazione beneficiata, di certo non di meno importanza, è rappresentato dal divieto di ipoteca giudiziale sui beni ereditari, applicabile anche qualora siano state pronunciate sentenze a favore dei creditori prima della dipartita del defunto (art.2830 c.c.).
Di conseguenza, l’accettazione con beneficio d’inventario è uno strumento di utilità e tutela a favore dell’erede, in quanto, in applicazione della procedura, può venire a conoscenza dell’intero patrimonio ereditario, inclusi i debiti, prima di accettare l’eredità stessa.
Ma come si colloca questa figura giuridica nello specifico contesto dei debiti tributari? L’erede che ha accettato con beneficio di inventario è esente dal pagamento?
Il destino dei debiti tributari del de cuius
Uno degli aspetti più rilevanti dell’accettazione beneficiata riguarda i debiti tributari del defunto da pagare all’Agenzia delle Entrate. Tali debiti possono comprendere tasse non pagate, multe, cartelle esattoriali e sanzioni amministrative, sanabili in maniera diversa.
Alla morte del de cuius i chiamati all’eredità rispondono delle obbligazioni tributarie rimaste insolute, e quindi ancora pendenti, ma solo in seguito all’accettazione dell’eredità, per cui in qualità di effettivo erede, con effetto retroattivo alla data di apertura della successione.
Pertanto, a successione iniziata con dichiarazione di accettazione dell’eredità presentata, l’Agenzia delle Entrate può, nell’ambito delle sue funzioni, verificare i debiti tributari pendenti e notificare agli eredi gli importi dovuti.
Di norma nell’adempimento dei debiti ereditari si applica il principio per cui ogni erede è responsabile del pagamento dell’insoluto solo in proporzione alla propria quota di eredità (“obbligazione parziaria” o “pro quota”) e, qualora questi non adempia, il creditore non può rivalersi per quella quota sugli altri eredi.
La stessa regola viene applicata anche ai debiti tributari, salvo alcune imposte, come quelle sulla successione e quelle sui redditi (Ires, Irpef e Irap), sulle quali si applica il principio della “solidarietà tributaria”, tale per cui gli eredi sono responsabili in solido al pagamento del tributo dovuto, manifestatosi prima della morte del de cuius.
In tal caso l’erede maggiormente solvibile che provvederà al pagamento dell’obbligazione tributaria dovuta, potrà rivalersi poi sugli altri eredi.
Debiti tributari con accettazione beneficiata
Come menzionato, la modalità di assegnazione dei debiti ereditari è differente a seconda del tipo di accettazione scelta.
Qualora l’erede abbia accettato in modalità “pura e semplice”, può saldare questi debiti utilizzando le risorse dell’eredità, ma qualora queste risorse non siano sufficienti a coprire tutte le obbligazioni tributarie insolute, l’Erario può rivalersi sui rispettivi beni personali.
Diversamente, se l’erede ha accettato con beneficio di inventario, gode di una maggiore tutela sui debiti tributari.
Non è esente in toto dal relativo pagamento, ma può comunque rivalersi nei confronti dell’Erario con il beneficio di limitazione della responsabilità, tale da consentirgli di pagare il debito tributario solo entro il limite del valore della quota ereditata.
È bene ricordare che la normativa nazionale esclude dai debiti ereditari trasferibili agli eredi tutte le cartelle esattoriali relative a sanzioni penali, amministrative, multe, in quanto considerati come debiti personali e non debiti finanziari, a cui si aggiungono le sanzioni tributarie applicate alle imposte non ancora pagate.
Pertanto, in caso di sanzioni tributarie insolute, gli eredi si accolleranno solo il pagamento dell’imposta originaria e non gli interessi sanzionatori (“di mora”).
A tal fine però l’erede per ottenere lo sgravio delle sanzioni dovrà presentare all’Erario e al creditore un’istanza in cui dichiara che quella tipologia di debito rientra in quelli personali del defunto, pertanto non trasferibili nell’asse ereditario.
Ma cosa accade se uno degli eredi beneficiati non paga?
Il creditore che intenda recuperare l’intera somma dovuta dovrà procedere a diverse azioni legali e relativi pignoramenti necessari a sanare il debito del defunto, in funzione di quanti sono gli eredi e quindi delle rispettive quote ereditarie.
Infatti, riportando un esempio, qualora l’erede beneficiato riscontri debiti tributari pendenti del proprio congiunto deceduto, dovrà pagarli, ma solamente nei limiti dei beni ricevuti in eredità e non oltre.
Nel caso in cui però l’erede stesso non adempia al pagamento nelle modalità previste, l’Agenzia delle Entrate potrà andare a pignorare il bene che il beneficiato ha ottenuto dall’eredità, ma non di certo il suo patrimonio personale, quindi la casa di proprietà, così come il suo conto corrente o la sua auto.
Debiti su spese processuali: chi paga?
Un altro aspetto critico, nonché di notevole importanza, riguarda le spese processuali in capo al de cuius, da includersi nei debiti ereditari e quindi trasmissibili e ripartibili con gli eredi del defunto.
Queste spese includono onorari legali, spese di cancelleria e altre spese connesse a procedimenti giudiziari in corso al momento del decesso del defunto, compresi quelli legati a contenziosi tributari.
Anche su questa tipologia di spesa si può estendere l’accettazione beneficiata dell’eredità, per cui gli eredi dovranno tenerne conto tra le passività incluse nell’inventario dei beni ereditati e procedere quindi al pagamento utilizzando le risorse dell’eredità stessa, sempre però nei limiti della propria quota ereditaria.
Procedura per l’accettazione con beneficio d’inventario
In conclusione per avvalersi dell’accettazione beneficiata, è fondamentale seguire una procedura rigorosa.
Gli eredi, infatti, devono:
- presentare la dichiarazione di accettazione beneficiata presso il tribunale competente o un notaio.
- redigere l’inventario dei beni ereditati, elencando dettagliatamente attività e passività.
- saldare i debiti del defunto, inclusi quelli tributari e le spese processuali, nei limiti del valore dell’eredità.
In applicazione di detta procedura gli eredi possono ottenere dei significativi benefici:
- protezione del proprio patrimonio personale;
- possibilità di accettare l’eredità senza rischi finanziari eccessivi;
- trasparenza nella gestione dell’eredità e dei debiti connessi.
In definitiva, si tratta di uno strumento fondamentale per la tutela degli eredi, in quanto offre una soluzione equilibrata tra il rispetto dei diritti dei creditori e la protezione del patrimonio personale degli eredi.
In particolare, la gestione dei debiti tributari e delle spese processuali del de cuius diventa più agevole e sicura, permettendo agli eredi di affrontare la successione con maggiore serenità.
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